Perché preoccuparci? La mafia uccide solo d’estate

Perché preoccuparci? La mafia uccide solo d’estate

CINEMA – Un bambino vestito con una gobba, occhiali spessi e le orecchie a sventola, sarà Dracula? Il gobbo di Notre Dame?, con una voce molto particolare mormora: “Il popolo sbaglia spesso. Tranne in cabina elettorale”. Il bambino in questione è Arturo Giambarresi, il cui eroe non è Superman o Tex o il Principe Azzurro, come tanti della nostra generazione, bensì l’allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, l’unico che ha la soluzione alle pene d’amore di Arturo.

“La mafia uccide solo d’estate” è l’opera prima di Pif, al secolo Pierfrancesco Diliberto, scritto dal lui insieme a Michele Astori e Marco Martani. É la storia di un ragazzo particolare, un ragazzo degli anni ’70, il cui destino si incrocia, sin dal concepimento, con quello di Palermo e della sua piaga principale: la mafia (alzi la mano chi ha pensato subito al traffico).
In questa commedia dal tono ingenuo e solo apparentemente leggero il nostro Arturo, novello Forrest Gump, incrocia la propria vicenda personale, di innamorato non corrisposto di Flora, la compagna delle elementari, con quella dell’ascesa ai vertici di Cosa Nostra di Totò Riina e dei corleonesi, a partire dalla strage di Viale Lazio, il giorno del concepimento, fino alle stragi di Capaci e Via D’Amelio. In questo percorso Arturo incontrerà tanti personaggi che hanno fatto la storia di Palermo di quegli anni, da Boris Giuliano che lo inizia al segreto mistico delle Iris alla ricotta, al Giudice Rocco Chinnici, che tifa per lui nella difficile impresa della conquista del cuore di Flora, al Generale Dalla Chiesa, che concede ad Arturo la prima intervista della sua giovane carriera di giornalista nella quale fa una domanda spiazzante: “Andreotti dice che l’emergenza criminalità è in Campania e in Calabria. Generale, ha sbagliato regione?”. La mafia è in tutto ciò una presenza costante, invasiva, disumana anche nelle questioni più banali. Significativa la soluzione pragmatica alle pene d’amore di un boss che non poteva sposare la figlia di divorziati a causa delle regole di Cosa Nostra: basta uccidere il padre perché orfana di padre si può.

Il percorso di Arturo è quello di un’intera generazione di ragazzi siciliani che hanno maturato la consapevolezza e la portata del fenomeno mafioso solo dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino, riscoprendo una passione civile e di militanza sociale che ha aperto gli occhi a molti di fronte al comportamento degli idoli politici di allora (esemplare è il volto di Andreotti appeso nei poster da Arturo con lo sguardo di chi tutto vede e tutto sa). Riporto al riguardo un dialogo tra Arturo e Flora, che sta seguendo la campagna elettorale di Salvo Lima e che sta preparando un discorso di “rottura” al pupillo siciliano di Andreotti:
“- Flora: La Democrazia Cristiana è in prima fila contro la mafia e si batterà sempr… 
- Arturo: In prima fila… mi sembra un po’ eccessivo, io direi terza fila, perché anche la seconda sarebbe un po’ esagerato.
- Flora: Arturo che c’è? Che cos’hai? Perché sei così scontroso?
- Arturo: Flora anche tu… Lima frasi del genere non le dice, non ha mai detto una parola contro la mafia manco per sbaglio, le dice ora che è in campagna elettorale, sotto elezioni…e chi lo vota?”.

Commovente è la scena dei funerali di Borsellino quando la gente comune cerca di entrare nella Cattedrale, quasi a voler sottolineare che gli intrusi in fondo erano i rappresentanti di uno Stato che ben poco stava facendo nell’affiancare il lavoro dei magistrati e delle persone uccise. Sarà l’età, sarà che io ai funerali piango sempre ma vi confesso la lacrimuccia.
Ottimo ritorno al cinema di mafia di Pif (ricordiamo che lui era l’aiuto regista di Marco Tullio Giordana ne “I Cento Passi”) in una commedia-documentario che pur con alcuni difetti (troppo didascalica la parte finale girata sulla scia de “Il testimone”, recitazione dei protagonisti a volte imbarazzante, storia d’amore banale e personaggio della Capotondi non perfettamente centrato) riesce a trasmettere belle sensazioni. Meritato il successo di pubblico e di critica così come i riconoscimenti ottenuti, tra tutti il David di Donatello 2014 a Pif come migliore regista esordiente.
Un film che consiglio di vedere e che in fondo un po’ ci rassicura perché come la fantastica mamma di Woody Allen – Alvy Singer in “Io e Annie” che al figlio depresso perché “succede che l’universo è in espansione e prima o poi esploderà” risponde con la memorabile “tu vivi a Brooklyn e Brooklyn mica si espande”, noi siciliani possiamo stare tranquilli gran parte dell’anno perché alla preoccupazione di Arturo “Ma la mafia ucciderà anche noi?” il padre risponde: “Tranquillo. Ora siamo d’inverno. La mafia uccide solo d’estate”. » Luigi Cellura
TW @LuigiCellura
12 agosto 2013

La mafia uccide solo d’estate

REGIA:Pif
SCENEGGIATURA:Michele Astori, Pif, Marco Martani
CAST: Pif, Cristiana Capotondi, Ninni Bruschetta,Claudio Gioè
DURATA: 90 Min

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