Musica, Numa e Phil Palmer: la loro “Promised Land” per Unicef

Musica, Numa e Phil Palmer: la loro “Promised Land” per Unicef

“Noi siamo amore” è finalmente una realtà: il brano prodotto da Phil Palmer, Paul Bliss e Justine Hayward e interpretato da Numa apre e dona il proprio nome ad una splendida compilation (“Noi siamo amore, noi siamo Unicef”) alla quale hanno collaborato tantissimi artisti che sostengono Unicef. Da Toto Cutugno  a Ornella Vanoni e Kaiti Garbi, da Mariella Nava e Teofilo Chantre a Gigi D’Alessio, da Fiordaliso a Ron ecc.  Potete trovare il brano su iTunes. La chiusura dell’album è invece affidata alla ormai celebre “Promised Land”, brano e progetto che ha ispirato questo splendido cammino di solidarietà. Il cd verrà distribuito dai canali Unicef: comitati provinciali, volontari, eventi ed iniziative speciali come la partita, i banchetti di Natale e molto altro. Qui potete trovare il video del brano, mentre qui e sul suo sito (numaofficial.com) potrete seguire le evoluzioni artistiche e sociali della carriera di Numa Palmer, un’artista unica, dal cuore immenso e con il desiderio che la sua musica sia davvero utile al prossimo, sia in senso lato che in senso pratico. Abbiamo avuto la grande fortuna di poter parlare a lungo sia con lei che con Phil Palmer, una vera e propria icona della musica internazionale. Come è nata l’idea di “Promised Land” e qual è l’universo che c’è dietro e che ha spinto verso un progetto così complesso e così composito? Ho visto che ci sono moltissime sfaccettature, oltre alla traduzione del brano in italiano, anche l’invito a tradurla in altre lingue affinché diventi veramente internazionale… Numa: Posso raccontare un aneddoto, il più dolce che mi viene in mente: io e Phil eravamo a casa e ci siamo detti che dovevamo raccontare questa terribile ed eterna tragedia dei popoli in fuga dalle guerre e di tutte le persone ed i bambini in pericolo non solo in una chiave esclusivamente drammatica per quanto lo sia davvero, perché la musica ha questo grande potere di scongelare i cuori, scongelare i pregiudizi. A volte siamo davvero ibernati, perché la paura blocca: usando la musica, le giuste parole, le giuste melodie, si va a veicolare dei messaggi con un linguaggio che tocca il cuore con le sue vibrazioni sincere ed i suoi importanti contenuti. Così si possono esprimere concetti che, espressi in altro modo, potrebbero lasciare il tempo che trovano. Phil mi ha detto di aver scritto, venticinque anni fa, un brano con Paul Bliss che si chiama “The Promised Land”, all’epoca cantato da Justin Hayward, dei The Moody Blues, un’icona, e noi abbiamo pensato che potevamo far rinascere questo brano. Phil: Abbiamo registrato live in analogico, come si faceva in quegli anni; quindi abbiamo dovuto riprendere tutte le informazioni in analogico da quel vecchio master con un lungo processo: in termini adottati dalla gastronomia possiamo dire che si è trattato di “ricucinare” le registrazioni, estraendo le informazioni rendendole digitali. È complicato, ma possibile! Numa: Abbiamo fatto questo lavoro perché abbiamo voluto mantenere il sound autentico, abbiamo voluto mantenere la veridicità del progetto, ed anche deliberatamente il suo mondo musicale con sapore anni ’80. Volevamo essere il più fedeli possibili allo spirito del brano originale: Phil si è commosso quando ha riascoltato il brano perché si era ricreata l’emozione di quando è stato scritto e registrato quel brano. Quindi abbiamo ripreso questo brano, lo abbiamo riarrangiato, riscritto e abbiamo chiamato alcuni musicisti (come, ad esempio, il grande Steve Ferrone) per rifare questo brano e abbiamo ridato vita a “Promised Land” con tutta la sua forza, perché ci siamo accorti che il testo parlava  dei profughi  e  delle  persone  che   cercano  di  non perdere  le  loro  speranze  e   la  dignità   di  esistere in  una  maniera  così  ampia,  che  può  riguardare  davvero ognuno  di  noi. Il testo inglese dice, per esempio, “loro vengono dal niente e non sanno neanche dove andare; non posseggono niente, ma hanno solo sogni nelle loro tasche e vengono in pace, vengono con dentro la speranza”: in realtà la maggior parte delle persone che fuggono cercano solo la pace e sperano in una vita migliore, cercando la “promised land”, quella terra promessa, quell’ideale di pace che non hanno nel loro Paese e che spesso tragicamente non trovano neanche in altri paesi dove non viene data loro né accoglienza, né fiducia.  Capirai, con il terrorismo adesso la paura ci ha ancora più stretto il cuore nei confronti di coloro che hanno una cultura così diversa dalla nostra e che hanno purtroppo anche infiltrati portatori di morte. Una situazione difficilissima ma che non può farci diventare pezzi di ghiaccio senza compassione: dobbiamo avere la  forza e la capacità  di discernere. Tutti noi lottiamo per una seconda possibilità: questo non è un argomento che riguarda solo loro che “vivono laggiù” e noi che stiamo qua non c’entriamo nulla. Tutti nella vita abbiamo sperimentato (o sperimenteremo) un momento in cui necessitiamo di una seconda possibilità e di un nuovo inizio. “Promised Land” non è la canzone solo per chi è nella condizione di profugo, ma è la canzone per tutti coloro che hanno dovuto ricominciare da capo; che hanno dovuto sacrificare quello che avevano perché non hanno avuto la libertà o sono stati violentati nei loro sogni e devono ricominciare da capo. Ci sono tante storie che possono parlare della ricerca della terra promessa, in senso stretto e in senso figurato. Quante volte nella vita è capitato di avere un problema, di essertelo tenuto dentro e nessuno ti ha aiutato? Appena hai cominciato a chiedere aiuto, ad aprirti, è arrivata la persona giusta per risolvere la situazione. Non è che tutti possono fare qualcosa: molti di noi non hanno la possibilità di fare qualcosa, quindi noi dobbiamo rispettare anche coloro che non possono economicamente, fisicamente o psicologicamente aiutare, ma siccome il mondo è immenso e noi siamo tanti, l’importante è che il messaggio giri perché a uno a uno, con una catena di solidarietà, si arriva alla persona che potrà effettivamente fare qualcosa, ma se noi interrompiamo la trasmissione del messaggio di solidarietà, questo tam tam non arriverà mai a chi potrà veramente risolvere la situazione. L’errore è chiudersi: non dobbiamo avere paura di non poter fare, l’importante è non tacere. Per quello che riguarda il lavoro tecnico dei vari musicisti, dal punto di vista organizzativo, come si è svolto questo enorme lavoro di coordinazione?
 Può parlarci anche della presenza di Renato Zero per la produzione di “Noi Siamo Amore”? Numa: Phil Palmer non è solo un grande musicista, ma anche un grande produttore e arrangiatore: “Noi Siamo Amore” e “Promised Land” sono canzoni che non avrebbero visto la luce senza il suo lavoro e i suoi sforzi (ed è anche coautore del brano, insieme a Paul Bliss, amico di Phil da molti anni). Abbiamo fatto questo grande lavoro per dare una nuova vita a questa canzone, pur mantenendo il vecchio fascino e il sound originale, ma lo abbiamo fatto davvero in breve tempo, perché sapevamo cosa fare, eravamo davvero focalizzati sul raggiungimento dell’obiettivo. Phil: C’è una splendida vibrazione dalla traccia originale che volevo mantenere; essenzialmente l’abbiamo solo “tirata un po’ a lucido”, sistemato degli arrangiamenti, inserito dei cori e lavorato sulla purezza del suono, oltre ad aver anche fatto scrivere  il testo per la versione italiana  (che è stato un bel lavoro da fare ed una grande responsabilità!) ma il sentimento originale della canzone è chiaramente rimasto. Numa: Quando abbiamo parlato con Renato Zero, nostro caro amico, di questo progetto internazionale dal messaggio universale che volevamo trasporre in italiano, dicendogli che lo avremmo voluto coinvolgere nel progetto, Renato ha detto immediatamente di sì. Con Vincenzo Incenzo, un autore strepitoso (ricordiamo “Dracula Opera Rock” e “Romeo e Giulietta” tra i suoi ultimi lavori!), che spesso scrive insieme a Renato le sue più belle canzoni, hanno dato vita a “Noi Siamo Amore” e anche lì è stato un processo molto veloce. Questo progetto è così coinvolgente che tutto è successo in uno schiocco di dita: quando hanno scritto “Noi Siamo Amore” era esattamente quello che stavamo cercando perché Renato non ha semplicemente tradotto in senso più globale il messaggio di “Promised Land”. Con Vincenzo Incenzo hanno colto profondamente il significato di “Promised Land”, esplicitandone il senso, rivolgendosi in maniera universale con un messaggio di solidarietà globale. Ha messo più volte l’accento su quello che dovrebbe essere la gioia di avere una famiglia, con questa immagine di padri e figli uniti in un abbraccio, come purtroppo spesso non è. 
La musica, quando è usata per questi concetti penso che sia la più grande occasione che un artista possa avere nella vita, la più grande opportunità e onore che un artista può avere. Siete una coppia dal respiro profondamente internazionale, ma qual è il rapporto di una star della musica mondiale come Phil con l’Italia? Numa: Phil continua a vivere questa lunga storia d’amore con l’Italia: è andato in tour con Eros Ramazzotti, ha lavorato e continua a lavorare con Renato Zero; ha collaborato con Pino Daniele, siamo grandi amici di Pino. La sua vita è spettacolare: lo porta su queste due linee parallele una, quella internazionale e poi questo stretto legame con l’Italia. Phil: Sì, ma a dir la verità è sempre la stessa carriera, perché sono la stessa persona, solo che in Italia ho iniziato a lavorare nel 1980, quando ho iniziato a collaborare con Lucio Battisti, quando abbiamo registrato “Con il Nastro Rosa” ed è diventata famosa qui in Italia, ma io onestamente non sapevo nulla del suo successo, non avevo capito quanto fosse diventata famosa perché non vivevo qui all’epoca. Ho continuato la mia carriera internazionale, con Eric Clapton, Dire Straits, Tina Turner… ho avuto dei buoni anni e ho fatto delle cose interessanti! Numa: Lui all’epoca della registrazione dell’album “Una Giornata Uggiosa” era con Geoff Westley (produttore di quel album medesimo) e stavano incidendo  “Con il Nastro Rosa” con Lucio Battisti, in Inghilterra e lui aveva dei problemi ai denti. Geoff allora gli disse “Tu suona, facciamo solo due take, suona più che puoi e poi ci penso io!”; lui ha suonato sei minuti e sei minuti, poi è andato dal dentista e non ha mai più saputo niente di quel brano. Quando mi ha conosciuta vent’anni dopo, quando ero una ragazzina che lo inseguiva con il cd di “Una Giornata Uggiosa” e gli ripetevo “Non hai idea di quello che hai fatto con questo album!” (visto che aveva suonato in molti brani del disco, oltre a “Con il Nastro Rosa”) forse ha cominciato a rendersi conto di quel solo che era diventato un mito in Italia, ma continuava a non capire perché tutti fossimo così presi da quel disco, da quella canzone nello specifico… Lui camminava per strada e tutti gli canticchiavano l’assolo della canzone e si chiedeva perché gli cantassero nota per nota l’intera parte della chitarra da lui incisa! Phil: Onestamente non ne avevo idea… è stata una sorpresa! Ovviamente poi riascoltando tutto il disco ho potuto apprezzare che grande genio fosse Lucio Battisti e che canzone straordinaria e originale fosse “Con Il Nastro Rosa”. Numa: Così poi ha iniziato a collaborare anche con Renato Zero, con Claudio Baglioni, con Pino Daniele, con Eros… Phil: Attorno allo stesso periodo ho lavorato a due/tre album di Baglioni e la mia connessione con l’Italia era abbastanza solida già da allora, iniziare a collaborare con altri artisti italiani è stata una progressione naturale di fatti: venire a vivere qui è stata una conseguenza spontanea quando ho iniziato a godere a pieno dell’Italia a tutto tondo. Vivere qui è splendido, devo solo imparare la lingua adesso!
Numa: C’è sempre speranza, dopo 25 anni,  no? Quali sono le sue tre canzoni che ascolta maggiormente in questo periodo? Phil: Ce ne sono tantissime… ho suonato in 450 album nel corso della mia vita! Ci sono un paio di cose che emergono perché sono particolari e fuori dal contesto: una la stavo ascoltando due/tre giorni fa, una canzone che ho registrato per un artista che si chiama Shankar, un violinista indiano, in un album prodotto da Frank Zappa, un brano particolarmente complesso, che è venuto fuori mentre chiacchieravo qualche giorno fa. La musica a cui lavoro con David Sylvian è sempre molto interessante; la mia esperienza con Eric Clapton è stata fenomenale per quel che mi riguarda; tanta musica fatta con i Dire Straits… sono un grande fan di Mark Knopfler, uno splendido cantautore, per questo ho avuto il piacere di collaborare a far nascere i Dire Straits Legacy, per celebrare la sua musica straordinaria. Numa: Stanno lavorando a questo gruppo che si chiama “Dire Straits Legacy” con, a rotazione, tutti i membri che hanno partecipato al gruppo di Mark Knopfler, nel corso di tanti anni e tante tournée eessendo questa band composta da diversi membri originali come Mel Collins, Danny Cummings, Alan Clark, Phil Palmer… quando suonano si può percepire il sapore e l’atmosfera dei suoni dei Dire Straits. Non è una cover band, ma una legacy: legacy vuol dire “eredità”, i Dire Straits Legacy ripropongono con professionalità esperienza e rispetto l’eredità alla cui creazione loro stessi hanno partecipato, suonando in onore di Mark Knopfler. Tra le mie musiche preferite ci sono sicuramente i Dire Straits, ancor prima di conoscere Phil; però non riesco ad avere un preferito perché è qualcosa che chiude tantissimo il proprio rapporto con la musica. È chiaro che c’è una canzone che ogni mese, ogni due mesi, diventa il mio tormentone personale, però magari ho un tot di canzoni preferite di ogni singolo artista… ma ho un cuore e orecchie apertissimi verso tutta la musica. Ho un’ammirazione totale per Barbra Streisand, Celine Dion e Joni Mitchell che sono tre mondi completamente diversi, sono tre donne che raccontano la musica in maniera diversa, con diversi background, diversi caratteri e approcci: proprio come donna mi ispirano davvero in maniera incredibile. Per quel che riguarda gli artisti italiani non posso non citare Renato Zero tra i miei artisti preferiti: sono cresciuta a pane e Renato Zero ed è stato un maestro di vita. L’appuntamento con i Dire Straits Legacy è per il 4 febbraio (all’Atlantico Live) e a Milano il 7 febbraio (al Fabrique): su ticketone potete trovare i biglietti! » Chiara Colasanti
TW @lady_iron
13 gennaio 2016

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