A due anni di distanza dall’ultimo disco “Intimamente tango”, la raffinata arpista Floraleda Sacchi torna con un nuovo progetto discografico, “#Darklight” (Amadeus Arte / Naxos USA), uscito il 5 maggio. Il disco è composto da quattordici nuovi brani tra colonne sonore, successi dance e musica contemporanea, eseguiti con arpa elettrica ed elettronica e arrangiati o composti da Floraleda.
I pezzi noti ottengono così una nuova immagine sonora e si identificano in una sorta di insospettata e reciproca parentela. I compositori inclusi sono: Nils Frahm, Clint Mansell, DJ Tiësto, Max Richter, Roberto Cacciapaglia, Joe Hisaishi, Vladimir Martynov, Ólafur Arnalds e la stessa Floraleda.
“Compongo o adatto brani che coniugano acustico e digitale, senza distinguere dove finisce un delay e inizia un pad creato con un arco di violino sulle corde dell’arpa, senza sapere dove agisce un filtro digitale o uno smorzatore in neoprene sulle corde, quale sia un armonico o un campionamento compresso – racconta Floraleda – Ho lavorato senza preclusioni cercando di ricreare la musica che ho nella testa. Trovo affascinante lavorare con uno strumento acustico e con l’elettronica, una forma di artigianato che richiede ore di dedizione quanto il suonare uno strumento musicale, e l’unione regala un mezzo incredibile per creare qualcosa di estremamente personale”.
Chi è Floraleda Sacchi e come ti descriveresti a chi ancora non ti conosce?
“Floraleda è una persona curiosa che sperimenta con il suono, la musica, il silenzio e l’arpa, al di là dei generi e delle mode.”
Quale il tuo punto di forza e quale l’aspetto su cui sai di dover ancora lavorare?
“So essere comunicativa e convincente anche perché di solito lavoro si progetti in cui credo. Penso che dovrei lavorare meglio su tanti aspetti: nei lavori artistici non si finisce mai di imparare e sperimentare… bisogna sempre aggiornarsi e guardarsi attorno.”
Com’è nato “#Darklight”? Com’è avvenuta la selezione dei brani per il disco? Cosa ci puoi dire del libro che accompagna il disco?
“Darklight nasce da un paio di anni di lavoro in cui ho iniziato a sperimentare l’unione dell’elettronica e l’elaborazione del suono in tempo reale. Ho scelto brani che mi piacevano e che si ricollegano a luoghi ideali o geografici creando una sorta di viaggio ideale. L’idea del libro è nata in seguito. Ho iniziato parlando dei brani e spiegando il lavoro che avevo fatto per realizzarli, poi mi è sembrato importante esprimere anche delle mie idee sulla musica. Il progetto è personale e dunque mi sembrava giusto essere personale fino in fondo.”
Consigli per chi volesse iniziare a studiare l’arpa?
“Bisogna amare l’attività fisica e il bricolage visti i trasporti e la manutenzione che si fa da soli. Ci vuole un animo avventuroso.”
Sogni nel cassetto e speranze per il futuro a breve termine?
“Sono felice di come sta andando questo progetto. Spero di poterlo portare in tour in autunno.“
Artisti di riferimento?
“Molti e non solo nella musica. Potrei dire Rothko, i Kraftwerk, Sakamoto, Borges…”
Domanda a cui vorresti rispondere durante le interviste per parlare di qualcosa che ti sta a cuore e che nessuno ti fa?
“Vorrei parlare meno di arpa e più di musica. La musica che uno fa è la cosa che conta: l’arpa è solo un colore, un mezzo, un dettaglio.” » Chiara Colasanti
TW @lady_iron
5 giugno 2017
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