“A Sud di Nessun Nord” è il nuovo album di Antonio Pignatiello, eclettico artista che ha registrato questo disco “on the road”, sempre pronto a captare nuove storie da assorbire e ri-raccontare, partendo dalle proprie esperienze di vita per arrivare a influenzare le esistenze altrui.
Gli abbiamo fatto qualche domanda per capire meglio il suo universo, così sfaccettato e così intrigante, tanto quanto la sua musica.
Chi è Antonio Pignatiello e come ti descriveresti a chi non ha ancora ascoltato la tua musica?
Mi piace molto fare ricerca, quindi trarre spunto da quello che ci offre la vita, negli incontri che possono essere letterari, ma anche delle vite raccontate dalle persone incontrate lungo la strada! Prendere dalla vita per rendere alla vita, attraverso un altro linguaggio, che è quello della canzone, che al suo interno ha tanti ingredienti, tra cui anche la poesia. Preferisco che siano le mie canzoni a parlare per me e di me: in fondo sono il frutto di quegli incontri di cui parlavo prima.
Per farti un esempio, “Vecchi Conti” è nata da una chiacchierata in una trattoria di Milano, dove ero andato a mangiare con degli amici, dove siamo capitati per caso vicino a questa coppia di anziani, lei pittrice francese dal forte accento americano, sposata con questo vecchio signore, quasi dell’età di Paolo Conte, vecchio professore di filosofia. Hanno una storia assurda e nella chiacchierata me l’hanno raccontata: amando molto sia i viaggi che la musica, adesso si spostano solo quando ci sono i concerti di Paolo Conte. Prendono il concerto di Paolo Conte a Parigi o ad Amsterdam come scusa per viaggiare e, qualche mese dopo, mi sono ritrovato a raccontare questa loro storia in musica. Altre canzoni nascono invece da incontri letterari: “Non C’è Più”, che è la canzone che chiude il disco (il cui titolo è un omaggio ad un altro grande poeta e scrittore, Henry Charles Bukowski) trae spunto da un concetto molto caro a Cesare Pavese, il concetto legato al ricordo. Concetto che lui aveva approfondito molto, sia in “Dialoghi con Leucò”, che è un libro poetico meraviglioso e poi questo concetto del ricordo lo ritrovi anche ne “Il Mestiere di Vivere” e in una poesia in particolare che è “Il Mattino” di cui ho citato un verso, quando dice “Non ci sono ricordi”.
Poi c’è “Cantico di Orfeo”, che si rifà appunto al mito classico di Orfeo, però con una chiave di lettura mutuata da Pavese, dove mi sono ritrovato maggiormente. Il momento in cui Orfeo scende negli Inferi per riportare la sua donna in vita, sulla via del ritorno, si rende conto che quella stagione che entrambi hanno vissuto non potrà più tornare, quindi mentre nella rappresentazione classica latina ci sono due chiavi di lettura (in una Orfeo si volta per sbaglio, nell’altra perché non si fida della promessa che gli viene fatta), Pavese sostiene la tesi di cui poi mi sono servito anche io. Orfeo si volta perché si accorge che quella stagione vissuta appartiene al passato e le loro vite non potranno più essere come allora, quindi decide di voltarsi per l’ultima volta: l’ho trovata molto più legata alla vita! Nessuno poi parla della parte finale del mito di Orfeo, che è meravigliosa, invece, come se l’uomo si legasse al dolore: quando lui verrà divorato e la sua cetra verrà ritrovata lontano, questo canto comunque proseguirà, un po’ come dire che il canto resiste al tempo ed è qualcosa di eterno.
Mi ha colpito molto in “Lontano da Qui” l’unione della tradizione cilena e messicana ad un testo dedicato a Napoli: com’è nata questa canzone?
Napoli ha offerto lo spunto, in realtà, non è dedicata propriamente a Napoli: mi è capitato di imbattermi in questo vecchio marinaio vestito da Pulcinella che stava vendendo dei biglietti della lotteria, ci siamo fermati a chiacchierare e mi ha raccontato la sua storia. Mi ha parlato di questa donna con cui si sposò, anche se la vita li ha poi portati entrambi altrove, lei adesso vive a Santiago, in Cile. In qualche modo, anche lì, “Lontano da Qui”, si riferisce a questa storia di lontananza; un po’ mi ha dato l’idea, poi le cose arrivano anche da quello che ci accade personalmente e i fattori si moltiplicano sempre notevolmente. Mi interessava raccontarli così: quella canzone è una milonga che ha una struttura cilena e l’ho miscelata con queste chitarre di frontiera e trombe mariache; in realtà questa scelta si lega al luogo da cui vengo, dove ci sono due bande: su 3000 anime, 2800 suonano uno strumento. Questi due maestri di queste bande sono partiti per le Americhe (stiamo parlando di un’altra epoca!): uno è partito per il Sud America, l’altro è andato verso il New Jersey e lì si sono trovati in contatto con le prime bande. Anche lì, ci ha messo lo zampino la vita e, in qualche modo li ha riportati indietro: quando sono tornati indietro hanno formato delle bande. Quei suoni, nel momento in cui i due maestri sono rientrati a casa, avevano già un po’ un sapore diverso… è un po’ come se in qualche modo facessero già parte della mia infanzia.
Sogni nel cassetto e progetti a breve termine?
Ti do un’anteprima, che sta accadendo in questi giorni: mi sono trovato proprio l’altra sera con questo mio ex coinquilino, regista, ha lavorato molti anni per la Rai come montatore, poi ha conosciuto questa donna, si è innamorato pazzamente e ora vive in Brasile. Sta finendo di montare questo film che ha iniziato a girare in Italia, ma lui, essendo di origine cilena, ha ricevuto un’offerta dal Cile per co-produrre questo film. Ovviamente in Italia, non conoscendo nessuno, non ha ricevuto finanziamenti e per potersi autofinanziare il progetto sta vendendo i fotogrammi, adesso vive lì e sta finendo il film che è diventato un docufilm. Si è innamorato dell’album “A Sud di Nessun Nord” e l’altra sera mi ha mandato praticamente il montato del film che presenterà al Festival di Torino, in Canada, in Sud America e ad altri festival, e ha usato tante canzoni! Mi ha anche chiesto di curargli parte della colonna sonora mancante: il film si chiama “Era del Rame”, lui si chiama Esteban Vivaldi.
C’è già l’idea, poi, che sta fermentando, diciamo, sulla direzione da prendere per il nuovo album… e poi vediamo anche se deciderò di pubblicare qualcosa di letterario. Ho un po’ di cose nel cassetto che ancora non mi decido a pubblicare… però vedremo, insomma, un work in progress generale!
Il mio problema diciamo che è stare fermo: continuo a fare tante cose e poi si vedrà!
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» Chiara Colasanti
TW @lady_iron
27 maggio 2015
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