Ecco perché ascoltare i Milagro… “Fino A Toglierci La Sete”


MUSICA – Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Francesco, cantante dei Milagro, che nel 2006 nascono, insieme ad Antonio, come un duo e che nel 2014 si ritrovano come trio, con l’ingresso di Tommaso, dopo un lungo periodo di pausa, dopo la partecipazione al Festival di Sanremo 2008.
Dopo il primo album, “Dieci Gocce Di Veleno”, sono tornati con “Fino A Toglierci La Sete”, un nuovo lavoro in cui si rispecchiano al 110% e che saprà convincervi dell’incredibile dedizione e dell’innegabile talento musicale che questi tre ragazzi hanno e sanno tradurre in canzone.

In un mondo in continua accelerazione, voi avete fatto una scelta controcorrente e vi siete presi una pausa: come è stato questo periodo di stop e dove avete trovato il coraggio di fermarvi?

Fondamentalmente, soprattutto dopo Sanremo, il primo disco e tutto quello che ne è conseguito, la cosa più naturale sarebbe stata andare avanti, perché se lo aspettavano un po’ tutti. Però essendo musicisti, diciamo navigati, la cosa che per noi è stata più importante è stato l’essere rispettosi di noi stessi e in quel momento lì non potevamo metterci a fare musica senza che non fosse un processo innaturale. Stare dietro alle logiche di mercato che stavamo iniziando a conoscere non ci stava bene, ma soprattutto non lo sentivamo calzante su quello che è il nostro progetto e su noi stessi in quel momento. Abbiamo così deciso di fermarci per capire quale sarebbe stato poi il momento giusto per ripartire. Anche se controcorrente, dopo tanti anni che fai musica e ami quello che fai, la scelta non poteva essere differente, almeno per noi! Abbiamo continuato a rimanere “in musica”, continuando a portare avanti il progetto dentro le nostre sale di registrazione e in parallelo con altre produzioni indipendenti (ho fatto l’insegnante di canto e armonia per tutti questi anni) e abbiamo sempre portato avanti la musica in questi anni. Poi, un po’ con l’ingresso di Tommy, che è il terzo Milagro e un po’ con la voglia di ripartire che è cresciuta mano a mano che andavamo avanti diventando punto focale, abbiamo deciso di partire perché i pezzi stavano uscendo: avevamo qualcosa da dire e ne avevamo di nuovo davvero voglia.

Cosa c’è dietro la scelta del nome “Milagro” e come vi descrivereste a chi non ha mai ascoltato una vostra canzone?
Milagro, a parte il discorso della sonorità del nome e del significato che c’è dietro (in spagnolo vuol dire “miracolo”), per noi è stato scelto perché quelli che erano gli strumenti con cui avevamo iniziato, che erano quelli più elementari (chitarra acustica e pianoforte), sono gli stessi strumenti elementari con cui poi siamo riusciti a scrivere i nostri pezzi e ad arrivare alla gente, a fare un disco, a farne un secondo. Il miracolo di riuscire a mantenere una coerenza e una costanza con noi stessi, da quando abbiamo iniziato a fare musica e, con le cose semplici che ci appartenevano, produrre un disco e far sì che la nostra musica e il nostro progetto arrivino alle persone.
Dal punto di vista della collocazione di genere musicale, lo si può descrivere come un folk pop di matrice anglosassone, con tutte quelle sonorità rarefatte che vengono dall’Inghilterra e dall’Irlanda, lasciando tutto quello che è artefatto e lasciando il famoso scheletro essenziale degli strumenti e della musica. Per noi è un progetto artisticamente dissetante: c’è tanto di noi e di una semplicità che penso possano ritrovare tutti. L’energia con cui lo facciamo rispecchia comunque la semplicità con cui abbiamo sempre lavorato con gli strumenti che per noi sono quotidiani. Penso che per noi sia un ritornare un pochino a quelle cose fatte bene come negli anni ’70 in cui si suonavano strumenti veri e c’era poco apporto elettronico, quindi c’è un impatto molto diretto.

Cosa ci puoi raccontare a proposito di “Viola”?
A parte il fatto che il nome della canzone è il colore che speriamo rappresenti la nostra ripartenza, “Viola” rappresenta nel modo più semplice una ragazza che riesce a liberarsi del peso del suo passato e costruirsi un futuro. Essendo un po’ il biglietto da visita dell’intero disco, che parla di ripartenza, non poteva essere altrimenti: la ripartenza può essere affrontata su più livelli, come capita un po’ a tutti e non solo come nella storia affrontata in “Viola”. » Chiara Colasanti
TW @lady_iron
9 ottobre 2014

Comments are closed.