Ci sono punti fermi nella vita di ogni individuo, dogmi che vanno conservati, cose di basilare saggezza per cui non serve dimostrazione. Ad esempio: quanto sia fondamentale la granita nell’estate di un siciliano.
Occorre però fare una premessa più che indispensabile riguardo l’oggetto del nostro argomentare: la granita. Non occorre essere siciliani per comprendere che ci voglia audacia da gladiatore per denominare “granita” quel mattone di ghiaccio all’aroma di detersivo che vendono ai supermercati, e sponsorizzata con il classico motivetto siculo e il sempiterno contadino coppoluto e baffuto. Chiamare quella cosa “granita” credetemi non si può.
La granita vera la trovate solo nei bar siciliani. La parte orientale dell’isola detiene il primato, ma il podio in campo gastronomico non è mai una faccenda scontata e certa per nessuno. A contenderselo sono sempre in tanti, i migliori.
Un bar realmente da temere, avversario di tutto rispetto, c’è e lo troviamo cambiando rotta, andando verso l’estremo sud dell’isola, dove anche il provetto gourmet estimatore della granita rimarrebbe sorpreso. Il luogo dove fermarsi per averne la prova è Licata, in provincia di Agrigento. La località è meta di pellegrinaggio gastronomico per il ristornate La Madia dello chef pluristellato Pino Cuttaia, nonché L’oste e il sacrestano dello chef pluriforchettato Peppe Bonsignore. La Granita è il “must” prima di una giornata di mare, e proprio qui si trova quella più buona, almeno di questa area di Sicilia. E il comparativo di maggioranza non è per nulla un azzardo, perché a prepararla è una persona che letteralmente la fa da una vita, da quando aveva nove anni.
Giuseppe Antona è l’anima dell ‘ –American Bar-. E’ un figlio d’arte, al quale gli è stata trasferita tanta passione. Si tratta di un posto a conduzione familiare, ricettacolo di granito da urlo. Bisogna andarci almeno due volte: una per gustare la granita e l’altra per assaggiare il caffè. E’ praticamente impossibile trovare qualcuno che non sia rimasto folgorato dalle sue granite. Alcune ricette le ha ereditate dal padre, altre le ha messe a punto lui. Mandorla, pistacchio, cantalupo, fragola, caffè, limone e tanto altro ma la variante più commovente è senz’altro quella di gelsi neri. Commovente, sì. E invito gli appassionati del frutto a trovare altro aggettivo migliore dopo averla assaggiata. E’ un retour all’infanzia, nelle campagne assolate, agli istanti di scorpacciate sotto le fronde del grande albero con le mani totalmente imbrattate dal succo dei gelsi.
Oltre alla tecnica conta ovviamente la scelta meticolosa degli ingredienti, ci tiene a puntualizzare Giuseppe. Le sue sono fatte con i limoni non trattati licatesi, gelsi raccolti personalmente nelle campagne intorno al paese, come le mandorle, i cantalupi e le fragole. Quanto ai dettagli tecnici: il ghiaccio dev’essere granulare, lo zucchero non eccessivo, la brioscia (brioscia, sì) col tuppo e assolutamente non facoltativa. Su quest’ultima cosa mi dichiaro particolarmente d’accordo.
Il rito si consuma più o meno così:
Brioscia, che sia tiepida, lievemente profumata con una pellicina esterna sottile e lucida, e una mollica cotonata che assorbe la farcitura. C’è chi la preferisce nella versione con farcitura interna, quindi tagliata longitudinalmente -ma solo per tre quarti- sennò Gesù piange, e un paio di generose “palettate” di granita. Chi intera corredata del classico bicchiere e cucchiaino di rito. In quest’ultimo caso il protocollo è rigido e inflessibile: staccate il tuppo della brioche e inzuppatelo della giusta quantità di granita.
Non toccate ancora il cucchiaino! Continuate a inzuppare la brioscia, a metà granita iniziate a prendere il cucchiaino in modo da non finire prematuramente la brioscia. Tuttavia se finisce prima, bevete la granita residua dalla coppa di vetro, come si fa per una bevanda. Se finisce prima la granita vi meritate di mangiare l’ultimo boccone di brioscia asciutta. Restate ancora seduti per dieci minuti a meditare sulla potenza del creato, dopodiché pagate il conto, date un bacio in fronte a Giuseppe e andatevene al mare. » Aurelia Urso
7 luglio 2014
@aureliaurso
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92027 Licata (Agrigento)
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