Se per gli italiani la passione dell’orto conta ormai milioni di appassionati hobby farmer, gli chef vanno oltre quando vogliono proporre cibo naturale e a basso contenuto di sale e grassi. Zaino in spalla e scarponi, nella bella ma anche in altre stagioni, alcuni di loro – tutte grandi firme della cucina italiana – si inerpicano per sentieri di montagna per raccogliere erbe d’alta quota. Una vera e propria tendenza questa nell’alta cucina italiana – racconta l’Ansa – che ha spinto addirittura i fratelli Eleonora e Giovanni Cunaccia a chiudere il loro ristorante stellato in Trentino per diventare raccoglitori professionisti di erbe spontanee, germogli, resine di pino e radici.
Ingredienti portati in particolare alla ribalta internazionale dal cuoco danese Renè Redzepi, chef e a patron del Noma ora nella top ten, dopo averla guidata la classifica dei 50 Best Restaurant, l’oscar degli chef che adesso ha come n.1 Massimo Bottura. E più diffusamente dai cultori del foraging, la raccolta di alimenti in natura che diventano gli ingredienti della cosiddetta cucina spontanea. Apripista di questa passione per le erbe, che vede coinvolti cuochi del calibro di Ivan Milano, Salvatore Tassa e in veste più garden Davide Oldani, è Eleonora, per gli amici Noris, Cunaccia. Questa imprenditrice che, col fratello chef, ha fondato nel 2003 Primitivizia, è una raccoglitrice-nomade, vive di natura e quotidianamente va per boschi nelle Dolomiti del Brenta. “Sono orgogliosa di fare un lavoro così sostenibile – dice Noris – estremamente rispettoso delle stagioni, della natura e delle sue risorse. Ho stretto un rapporto d’amicizia coi boschi”.
Sempre en plein air, a primavera – quando la neve si è sciolta – inizia la raccolta nel fondovalle, per i germogli di tarassaco e di crescione. A giugno Noris si sposta negli alpeggi, tra quota 1600 e 2000, e in malga raccoglie il “radicchio dell’orso”, il primo mugo, la bardana. Questi aromatici tesoretti naturali vengono portati nel laboratorio di Spiazzo (Trento) dove lo chef Giovanni rende chic una cucina da ingredienti poveri. Il loro ketchup di rose e le composte di rabarbaro dono molto richieste dagli chef di tutta Europa e dal vegan people. Tutto, sottolineano i fratelli trentini, “zero aromi e zero conservanti per nutrire l’anima con l’alchimia di fioriture spontanee”. Il territorio è un mantra, con le sue risorse e tipicità, per ogni cuoco professionista. Ma per Ivan Milani, chef sul grattacielo “Piano 35” appena inaugurato a Torino, l’arco alpino è una vera e propria dispensa. Pur lavorando nel cuore della città della Mole Milani, insieme ai botanici del progetto Wood*Ing, esplora le infinite possibilità del cibo spontaneo. E sono le piante selvatiche a portare una delle innovazioni nella ristorazione del grattacielo di Intesa San Paolo.
Guarda invece più al mondo del giardinaggio e del vivaismo la linea “Le Aromatiche Food” lanciata da Oldani, con Cifo e M.G. Ortofloricoltura di Como, che punta a rendere piu’ light i piatti, ritrovando grazie a queste “erbe d’autore” gusto. “Il mondo delle erbe – dice l’inventore della cucina Pop, il patron del ristorante D’O – apre tante possibilità, consentendoci di esaltare la parte gustativa di un piatto e diminuire l’uso dei grassi e del sale, di cui il nostro corpo, oggi, ha minore esigenza rispetto al passato”. Ma affinchè “le erbe sprigionino al massimo il loro aroma, è importante – conclude Oldani – che vengano utilizzate fresche, in quanto quelle essiccate perdono il profumo originale per assumere un generico aroma di fieno”.
Nella foto: lo chef Angelo Treno del ristorante Al Fogher di Piazza Armerina alla Notte Rosè 2016 di Licata
10 luglio 2016
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