Nel settore agroalimentare l’Unione europea è troppo severa imponendo regole eccessivamente rigide che troppo spesso mettono all’angolo la tradizione e la cultura delle produzioni made in Italy. Lo ha detto Domenico Mastrogiovanni, del dipartimento economico della Cia, Confederazione italiana agricoltori, spiegando all’Adnkronos quali sono le difficoltà del settore nel rispettare le regole comunitarie.
Le regole principali che penalizzano il settore agroalimentare, secondo Mastrogiovanni, “sono quelle legate agli aspetti igienico sanitari, con il sistema Haccp che ha messo in difficoltà le piccole imprese rispetto alle grandi con ripercussioni economiche notevoli”. Mastrogiovanni fa l’esempio del vino, dove il fattore igienico sanitario impone investimenti nel campo strumentistico impossibili da sostenere per una piccola cantina. Ci sono poi le emergenze: “ricordiamo le ripercussioni negative sulla nostra fiorentina con la normativa legata all’emergenza mucca pazza. Anche qui il danno è stato notevole”. Per non parlare “delle regole di commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli” dove scendono in campo anche le dimensioni e il colore dei prodotti. “Tutti elementi esogeni che generano limitazione alle esportazioni molto pesanti“. Infine, sottolinea Mastrogiovanni, bisogna “ripensare al ruolo della scadenza dei prodotti” dove al momento non è previsto un reimpiego. Secondo Mastrogiovanni, dunque, “l’Ue cerca di regolamentare eccessivamente. Ai singoli stati si dovrebbe invece lasciare maggior flessibilità nell’applicazione delle norme, in modo da rispettare la tradizione e la cultura locale”.. » red
19 gennaio 2016
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