Nel migliore dei casi, nel corso del 2016, la produzione di miele per gli apicoltori si è ridotta dell’80%, ma si tratta di una minoranza di pochi fortunati. La realtà è che le piogge di maggio e giugno hanno causato la mancata fioritura di numerose specie arboree, come il tiglio e l’acacia, determinando l’azzeramento della produzione di miele per la maggior parte dei produttori padovani, fermo restando che il fenomeno investe gli apicoltori di tutta Italia e determina un aumento del prezzo del miele che oscilla tra il 10 e il 20%. Per un’azienda di medie dimensioni, la perdita economica si attesta a -60%.
L’allarme è stato lanciato dalla Cia di Padova, che spiega come a salvarsi parzialmente è stato solo chi ha scelto la strada del nomadismo, ovvero il trasporto delle arnie in regioni diverse del territorio nazionale, come il Piemonte, le Marche o la Toscana. Una scelta che comporta, comunque, costi aggiuntivi. Tanto per fare un esempio, un apicoltore può arrivare a spendere fino a 6 mila euro al mese solo per il gasolio con cui trasporta le api da una regione all’altra. Ma uno dei problemi che viene avvertito con maggiore urgenza dagli apicoltori riguarda l’obbligo, imposto dal Ministero delle Politiche agricole e forestali, di utilizzare un unico prodotto a base di acido ossalico per combattere la Varroa, una delle malattie più infestanti per le api, che vengono attaccate da un acaro parassita dal quale devono difendersi praticamente per tutto l’anno. La questione è che tale prodotto ha un costo notevolmente maggiore rispetto all’acido ossalico generalmente a disposizione nel mercato.
Sempre relativamente alla Varroa, gli apicoltori sono in attesa che venga autorizzato dal Mipaaf l’uso del Maq’s, un prodotto a base di acido formico, che consentirebbe di intervenire sull’acaro infestante anche nel periodo estivo, mettendo in atto un’azione preventiva dalla quale trarrebbero giovamento le api nel corso dell’autunno.A tutto ciò si aggiunge la morìa delle api, ripetutamente denunciata dagli apicoltori nel corso degli anni, e determinata dall’uso di pesticidi, in primis il glifosato, per il cui utilizzo è stata appena concessa una proroga da parte dell’Unione europea. Ora, oltre a dover far fronte al mancato guadagno e a costi fissi pesantissimi, gli apicoltori dovranno farsi carico anche dell’alimentazione delle api rimaste: molte, non riuscendo a produrre il miele, hanno sciamato, abbandonando le arnie, mentre quelle rimaste non hanno di che cibarsi.
26 luglio 2016
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