La dieta mediterranea è stata tradita. Anche in Italia, dove per secoli è stata la nostra carta d’identità nel mondo, dilaga il ‘junk food’, il cibo spazzatura. Lo dicono gli esperti riuniti a Milano dalla fondazione internazionale che si batte per la sua diffusione. In Spagna solo il 15% della popolazione segue questo regime alimentare in modo continuo. In Grecia il consumo di prodotti che si possono definire mediterranei è calato del 70% rispetto agli anni ’80. Una tendenza analoga, secondo quanto riporta LaPresse, si riscontra in Italia e Portogallo.
Colpa della globalizzazione delle abitudini alimentari, indotta soprattutto dal turismo. E’ lungo le coste infatti che si assiste al dilagare di fast food, con un aumento del consumo di carne, di suoi derivati, di prodotti a base di latte, di farine raffinate. Nelle regioni rurali, nelle campagne, la gente predilige ancora legumi, frutta, cereali, olio vergine d’oliva mangiando raramente carne, uova, pesce. Un cambiamento di abitudini che avrà conseguenze a lungo termine sulla salute. E in parte le ha già avute: sono in aumento l’obesità soprattutto tra i giovani e con questa le malattie cardiovascolari, il diabete e i tumori proprio nelle aree dove la dieta mediterranea viene progressivamente dimenticata. Il tutto nel ‘disinteresse’ dei genitori, che sembrano sottovalutare il problema.
“Un cambiamento preoccupante – sostiene Giovanni D’Agata, presidente dello ‘Sportello dei Diritti’, associazione che da anni sostiene l’incentivazione a tutte quelle iniziative che propongono la dieta mediterranea e i suoi alimenti base quale vero e proprio toccasana per la salute – che segna il crollo del consumo di frutta e verdura e l’aumento di carne, salumi, uova, latticini grassi e zuccheri raffinati, che ci allontana sempre più dalla dieta mediterranea abbandonata per il ‘junk food’. Un duro colpo, che conferma che tutti quelli stili di vita che da decenni noi italiani abbiamo importato da oltreoceano, sono entrati prepotentemente nella quotidianità delle famiglie italiane a partire dalle diete di matrice nordeuropea e nordamericana”.
E’ di qualche giorno fa la proposta di un ‘aggiornamento’ della piramide della dieta mediterranea. A lanciarla è stata la stessa International Foundation of Mediterranean Diet (Ifmed). Una nuova piramide che si fonda sulla ricerche scientifiche nel campo della nutrizione e della salute. Innanzitutto, c’è troppo poco pesce nella dieta a livello globale: secondo le stime, infatti, nel nostro Paese l’effettivo consumo di proteine di pesce si attesterebbe su 40 grammi a settimana rispetto ai 60 g settimanali raccomandati, mentre i consumi medi negli Stati Uniti e in Europa sono persino inferiori. Per quanto riguarda la carne, gli esperti ricordano che l’uomo è onnivoro da 10mila anni e la carne, nelle giuste quantità, fa parte della dieta mediterranea e che è particolarmente importante in alcune fasi della vita: durante la gravidanza e l’infanzia ad esempio, per garantire lo sviluppo cognitivo e la crescita del bambino. Ma è anche preziosa per chi pratica sport o è in età avanzata: è infatti una eccezionale fonte di proteine utili per lo sviluppo e per preservare i muscoli. Riacquistano un ruolo primario i legumi, molto usati dai vegetariani e dai vegani. Anche l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2016 ‘Anno dei legumi’.
10 luglio 2016
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