Schinga è il nome del frappato, prodotto e imbottigliato dall’azienda agricola Paolo Calì di Vittoria a firma Ciccio Sultano.
Paolo Calì si è messo al mio fianco dello chef Sultano per giungere all’idea di frappato chemette insieme due grandi interpreti del territorio ibleo.
“Una nuova scommessa, ho voluto con questa produzione ancora una volta rivolgere l’attenzione al territorio della provincia di Ragusa e ai tantissimi amici con cui condivido idee e progetti”. Così Ciccio Sultano chef due stelle Michelin del ristorante Duomo di Ragusa, spiega la sua decisione di avviare questo nuovo progetto.
Il vino, solo in versione magnum, non è in vendita, ma una creazione che porta la firma di Ciccio Sultano e di quelle delle tante persone che vi hanno creduto, al primo posto Paolo Calì, il Maestro Giovanni Robustelli, che ne ha curato l’illustrazione nell’etichetta, e lo staff di Copystudio che ha seguito il coordinamento grafico.
Schinga in dialetto è la piccola pagliuzza di legno che alcune volte, inavvertitamente, si può conficcare nella pelle e ci si adopera così tanto per estrarla. Non è un’operazione immediata, anzi alcune volte, non causando un dolore insostenibile, quanto piuttosto un fastidio, diviene un pensiero costante. Si passano ore ad adoperarsi per liberarsene e qualunque altra azione si compia, il pensiero inevitabilmente corre sempre in quella schinga.
Ad impreziosire la concezione di questo frappato è anche l’etichetta a firma di Giovanni Robustelli. Un acquerello in cui è raffigurata una donna soave, ma intrappolata in queste sfumature di colore che non sono altro che ramificazioni… da dove il legno prende forma, e da cui si lasciano andare finissime schegge, impercettibili all’occhio umano ma di cui poi con difficoltà ci si libera. Insomma è una metafora della vita, in cui si alternano momenti felici, ed altri fastidiosi che si insinuano, ma che comunque tengono viva l’attenzione e la passione.
“Questo vino – spiega Sultano – è la concretizzazione di una mia passione. Da cuoco amo mangiare accompagnando il tutto con calici di vino. Ho immaginato che una mia produzione dovesse avere tutto ciò che cerco in un vino e dovesse rappresentare la passione che metto nel mio lavoro, la forza con cui porto avanti le mie idee, il legame con il mio territorio, la consapevolezza che si può osare ed infine l’amore che ciascuno di noi nutre. Io in questa produzione – conclude – ho messo in campo tanti miei aspetti e convinzioni in attesa che poi siano i consumatori a giudicare il lavoro fatto”.
» red
25 marzo 2016
Comments are closed.