Gli ultimi dati forniti dall’Istat all’inizio di Gennaio hanno fotografato, in maniera senza dubbio impietosa, lo stato della disoccupazione giovanile che all’inizio dell’anno ha toccato il 43.9% degli uomini e delle donne con un’età compresa tra i 15 ed i 24 anni.
Con un’approssimazione nemmeno troppo forzata questo significa che un giovane su due non lavora. Posto che un tale dato pone evidentemente dei problemi di sostenibilità di un sistema economico in cui aumentano i pensionati ed allo stesso tempo diminuiscono quei giovani lavoratori che tali pensioni dovrebbero sostenere, c’è un secondo aspetto che certo non contribuisce a migliorare il quadro che è la crescente disaffezione dei giovani verso l’università.
In altri tempi l’incremento della disoccupazione giovanile veniva in qualche modo giustificata con il maggiore accesso agli studi universitari da parte di quei neodiplomati che in tal modo posticipavano il loro accesso nel mondo del lavoro.
Oggi non è più così. Diminuiscono infatti anche le iscrizioni alle università e cresce quindi il numero di quei ragazzi e ragazze che non studiano e non lavorano. Il problema è sempre lo stesso. Mancano i soldi per fare investimenti e creare posti di lavoro ma mancano anche i soldi per pagare gli studi ai propri figli.
Come uscirne? Chi in qualche modo sta cercando di resistere a questa micidiale tenaglia sta calcando percorsi nuovi come quello della laurea a distanza, ovvero l’inseguimento/conseguimento di un titolo di studi universitario, come quello riconosciuto dall’Università Telematica di Niccololò Cusano, conseguito studiando da casa e recandosi in facoltà solo in occasione degli esami.
In che modo le lauree a distanza si stanno rivelando un inatteso salvagente in questo periodo di crisi? L’idea di base è quella di trovare un modo per conciliare studio e lavoro. In pratica si vuole dare un’opportunità di studio a quei giovani che, pur non avendo alle proprie spalle una famiglia in grado di sostenere i loro studi, hanno però la volontà di studiare e lo fanno anche al prezzo di dover nel frattempo sostenere qualche piccolo lavoro.
Si va dai classici impieghi come camerieri alle babysitter, passando per nuove forme di badanti e fino alle pulizie in casa. Tutto fa brodo nell’ottica di iniziare a lavorare. Un lavoro che seppure non ha i canoni di stipendio e di stabilità di un impiego tradizionale può in alcuni casi essere sufficiente per pagarsi l’acquisto dei libri o la retta per l’iscrizione annuale.
Le università a distanza vengono in aiuto di questa crescente nuova frontiera di lavoratori e studenti agevolando il loro compito. Sono impossibilitati a seguire le lezioni in aula tutti i giorni? Nessun problema. Gli studenti a distanza le possono guardare in streaming negli orari a loro più congeniali; sempre online possono richiedere il tutoring dei prof e scaricare tutto il materiale didattico loro necessario. In questo modo non solo si possono conciliare gli impegni di studio con quelli di lavoro, ma si risparmia anche sui costi logistici e di trasporto. Un’università sostenibile, a km 0. » Susanna Giordani
15 gennaio 2015
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