Il 22 settembre alla Feltrinelli di Piazza Piemonte, a Milano, una gran folla si è riunita per cercare di scoprire cosa ci faccia “Una Nave In Una Foresta“, ma soprattutto come suoni “Una Nave In Una Foresta”, il nuovo album dei Subsonica, che festeggiano il diciottesimo anno di attività.
In torinese “una barca nel bosco” è un modo di dire per identificare qualcosa che, in un dialetto più meridionale, “non c’azzecca nulla”, un po’ a sottolineare lo spirito con cui è stato fatto questo nuovo disco, a tre anni da “Eden”, per evidenziare quanto, in questi giorni, ognuno di noi possa essere un po’ un pesce fuor d’acqua, in questa foresta di sensazioni, stimoli e quotidiani smarrimenti.
Ma l’allusione alla natura si fa più marcata quando si parla di salvaguardia dell’ambiente, tema che sta molto a cuore al gruppo: per la prima volta in Italia, durante i loro live, saranno usate solo luci al LED, eliminando del tutto le sorgenti a incandescenza. Ma non è l’unica curiosità circa i live a cui stanno lavorando: ogni tappa del tour coinvolgerà il pubblico in un vero e proprio progetto artistico e multimediale.
Queste le date: trovate la più vicina a voi e non lasciatevela scappare!
31 ottobre, Jesolo – Pala Arex
1 novembre, Pesaro – Adriatic Arena
7 novembre, Napoli – Palapartenope
8 novembre, Bari – Palaflorio
13 novembre, Torino – Palaolimpico
15 novembre, Verona – Palasport
21 novembre, Roma – Palalottomatica
27 novembre, Bologna – Unipol Arena
28 novembre, Firenze – Mandela Forum
29 novembre, Genova – 105 Stadium
1 dicembre, Milano – Mediolanum Forum
Ecco come hanno descritto l’album, traccia per traccia, gli stessi Subsonica sulla loro pagina Facebook:
“Una nave in una foresta”
Ci sono tutti i Subsonica in questo brano. C’è la pulsazione dell’elettronica, quella più attuale e visionaria ma poi la canzone cattura lo spazio ed è uno spazio asimmetrico, che tende ad annullare qualsiasi confine. Il testo è uno sguardo all’indietro lucido, disincantato. Che però in qualche modo punta al futuro
“Tra le labbra”
È una sorta di preghiera che resta sospesa, come sottolinea il titolo. Una preghiera inespressa, masticata nell’attesa per qualche cosa di cruciale: un’approvazione, la conferma di un sentimento, l’esito di un esame, un referto. Quando non si può fare altro che aspettare e non si sa se sia preferibile accelerare il tempo o desiderare di fermarlo completamente. Anche in questo brano scricchiolano le barriere tra generi e strumenti e mondi sonori.
“Lazzaro”
È il brano con il quale i Subsonica hanno scelto di presentarsi a tre anni di distanza dal precedente «Eden», quasi a volere riportare indietro il calendario al suono delle origini. Un punto d’appoggio solido per muovere il primo passo all’interno di questo nuovo e articolato viaggio sonoro.
Non c’è una vocazione biblica, ma attingendo alla cultura religiosa e quindi a un immaginario ampiamente condiviso, si possono utilizzare figure che sintetizzano perfettamente concetti complessi.
Lazzaro è l’equilibrio tra tenebre e luce: il risveglio, la resurrezione. «Alzati e cammina» non è correttamente la frase rivolta al morto risvegliato nel Vangelo, ma nella cultura popolare è a lui che viene associata questa esortazione. Ed è quanto basta per una canzone. La consapevolezza di dover attingere unicamente alle proprie capacità, la necessità di dover creare in proprio le motivazioni e le prospettive per affrontare quotidianamente la «foresta», rappresentano uno stato d’animo molto comune. Una reazione necessariamente individuale, non per questo individualista.
“Attacca il panico”
È un brano di febbricitante resistenza, che parla di panico, di paure profonde e della sensazione di non avere appigli. Del poter contare solo su se stessi e sulla propria determinazione a combattere, in un’epoca e in un mondo nei quali la perdita di identità sembra un fenomeno inarrestabile.
C’è dentro tutta la riconoscibilità della band nel ritmo e nella base line frenetica, che sembra uscire da un vinile anni ’90.
“Di domenica”
La domenica talvolta è un limbo: una terra neutrale nella quale regole, ruoli, promesse, giuramenti vengono momentaneamente sospesi. Un luogo sensuale e leggero, nel quale riprendere in mano il proprio destino con quieto coraggio. Almeno fino all’indomani.
E’ una ballata che volteggiando tra velenosi synth Anni 80, voci deduttive e arpeggi di chitarra senza età, parla di cambiamenti. E di come si possano considerare tali solo quando ci lasciano davvero smarriti.
“I cerchi degli alberi”
Il 9 novembre 2013, in un quotidiano il titolo «Piovono satelliti» introduceva la notizia dell’impatto previsto, contro l’atmosfera, del satellite Goce, e di tutti i rischi ad esso correlati. I Satelliti che fino a ieri simboleggiavano un lato positivo, esplorativo, delle conquiste tecnologiche, oggi si trasformano in minaccia globale senza confini e senza possibilità di protezione. Come le centrali nucleari, come l’inquinamento, come il surriscaldamento del Pianeta, come i veleni presenti in quello che mangiamo e beviamo.
Questo è lo scenario di fronte al quale prendono forma i nostri progetti, prendono la rincorsa slanci e storie d’amore. E questo è il caso di una storia che, traendo forza da simboli naturali senza tempo, cerca il suo ritaglio di eternità in una cornice vorticosamente minacciosa.
Le spirali di sintetizzatore che introducono il brano dichiarano da subito l’anima profondamente elettronica di questa canzone.
“Specchio”
Il titolo alternativo potrebbe essere «non si esce vivi dagli anni zero».
Da un lato è un disco-funk ubriaco e oscillante, che non nasconde certe simpatie per analoghi esperimenti del Bowie berlinese anni’70. In un’atmosfera peraltro adatta a descrivere certe figure alla deriva, piuttosto caratteristiche del decennio passato.
Dall’altro digitando in rete alcune parole chiave mentre il testo stava prendendo forma «specchio, precipizio, anima, gola», Max e Samuel si sono trovati a sorpresa, dentro alcuni blog a contatto con testimonianze lucidissime e toccanti di ex anoressiche che dissuadevano le proprie coetanee dal rischio delle prime pratiche. L’occasione di poter approfondire un argomento così delicato ha spinto i Subsonica a non cancellare il testo a causa dell’inaspettato sotto testo, ma ad impegnarsi ad affrontare l’argomento in contesti e con modalità ancora da progettare.
“Ritmo Abarth”
A distanza di un isolato dalla studio di registrazione, c’è parcheggiata una Ritmo Abarth nera. Sempre e sempre nello stesso posto. Con il bloccasterzo serrato a prevenire improbabilissimi furti. Una presenza quotidiana che ha finito per ispirare curiosità prima e un brano poi. Una canzone nella quale la macchina vintage si rivolge disperatamente al suo proprietario nel tentativo di risvegliare la passione di un’epoca lontana nella quale marmitte, adesivi sportivi e pianali erano quanto di meglio un essere umano potesse desiderare. Soprattutto il sabato sera. E’ un brano ritmicamente intenso, ma animato da uno spirito leggero.
“Licantropia”
Irrequietudine notturna, nostalgie feroci, una foresta suburbana da attraversare di corsa per sentirsi parte del buio: l’anima notturna dei SUBSONICA, già espressa in molte precedenti canzoni, trova in questa «Licantropia» una sua forma essenziale.
“Il Terzo Paradiso”
Michelangelo Pistoletto è uno dei protagonisti dell’arte contemporanea più riconosciuti e influenti del panorama internazionale. Ci ha telefonato mentre eravamo tutti insieme al lavoro nella casa vicino al bosco, per coinvolgerci in una iniziativa legata al “Terzo Paradiso”: la sua opera planetaria, il lavoro più “partecipativo” che un artista potesse concepire. Lo abbiamo incontrato ed è stato un incontro estremamente piacevole e stimolante. Ci siamo immersi in questa suggestione e abbiamo deciso addirittura di dedicare al Terzo Paradiso un brano che includesse anche la testimonianza diretta dell’artista, attraverso la sua voce. Michelangelo si è messo in gioco, non senza qualche iniziale timore nei confronti del microfono, e il brano è cresciuto in un confronto costante tra noi e lui.
Il Terzo Paradiso tratta della necessità di unire il primo, ovvero quello dello stretto legame uomo natura, al Secondo Paradiso : quello della emancipazione tecnologica con tutti i rischi che oggi comporta per la salute del nostro habitat. E di giungere alla sintesi simboleggiata dal terzo cerchio aggiunto al simbolo dell’infinito, per il quale tutti siamo chiamati a unire la consapevolezza e le nostre capacità di esseri tecnologici per entrare in un nuova relazione di sintonia con la natura, l’ambiente e il futuro del nostro pianeta. C’è qualcosa di più urgente e suggestivo da sognare, oggi? La prima parte del brano parla dei rischi e della necessità di non mancare questo appuntamento con la Storia. La parte finale è un dialogo con le persone di domani, quelle che potrebbero essere i nostri figli. Ed è la parte che non a caso chiude questo settimo disco. » Chiara Colasanti
TW @lady_iron
27 settembre 2014
Foto di Francesca Arruzzo
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